Wolf Pack: perdi la privacy ma vinci la guerra

Wolf Pack: perdi la privacy ma vinci la guerra

Chissà che scenario immaginava e soprattutto cosa intendeva Andy Warhol quando prevedeva che “in futuro chiunque avrebbe avuto 15 minuti di celebrità

Considerando adesso il futuro, risulta difficile anche circoscrivere il concetto di celebrità tanto quanto distinguere la finzione dalla realtà.

Potremmo stare ore e ore a cercare di identificare quale fenomeno sociologico o strumento abbia permesso alla platea di assumere più potere (e notorietà?) di chi sta sul palco, senza individuare una risposta univoca.

Restando nel mondo della tv e dello spettacolo, il rilevatore dei super Sayan in Dragon Ball, il Nosedive di Black Mirror e qualche marchingegno di Q di James Bond fanno da gancio a un nuovo strumento che rende involontariamente “celebri”: il Wolf Pack.

Cos’è Wolfpack e come funziona

Se prima parlavamo di limiti labili che separano finzione e realtà, nel caso di Wolf Pack il territorio è marcato dagli stessi confini della Cisgiordania.

Si tratta infatti di un ampio programma di sorveglianza biometrica che integra il riconoscimento facciale tramite videocamere urbane e smartphone utilizzati dai militari.

L’app Blue Wolf permette di fotografare volti che vengono archiviati all’interno di ricchi database, contenuti a loro volta dal Wolf Pack, il cosiddetto “Facebook segreto per palestinesi”.

Com’è lecito immaginare, considerato lo scopo finale, il paragone con Facebook non regge affatto: questo strumento indica in base al nome, alla storia familiare, all’educazione, ai contatti e soprattutto al punteggio di pericolosità se l’individuo va ignorato, arrestato o fermato.

Il legame tra Wolf Pack e privacy

Non occorre conoscere a memoria il GDPR per immaginare le violazioni privacy che comporta l’utilizzo di questa tecnologia.

Rappresenta quasi un paradosso confrontare la tendenza mondiale caratterizzata da restrizioni a fotografie, riconoscimento facciale e sorveglianza e le dinamiche che regolano la quotidianità in Cisgiordania.

Il Wolf Pack viola i diritti fondamentali dell’Uomo come il diritto alla privacy” ha sentenziato Roni Pelli, avvocato dell'Associazione per i diritti civili in Israele al Washington Post che denuncia non solamente lo spionaggio dei militari “in una sorta di competizione”, bensì anche “l’ampia rete di videocamere a circuito chiuso”.

Secondo il Washington Post, le Hebron Smart City (così soprannominate le telecamere disposte nella città di Hebron), forniscono “controllo in tempo reale della popolazione e della città e possono puntare anche dentro le case private”.

Il controllo di massa non è una novità

Non si tratta di una novità: già nel 2019 la testata americana NBC aveva accusato Anyvision di "alimentare un programma di sorveglianza militare segreto in Cisgiordania”.

Inizialmente Anyvision aveva smentito, ammettendo solamente di utilizzare il riconoscimento facciale nei vari checkpoint, ma anche la testata israeliana Marker sosteneva che Wolk Pack veniva utilizzato anche oltre i checkpoint.

Israele “attacca” la privacy per difendere la sicurezza

Non potevano certamente cadere nel vuoto queste accuse pesanti.
E infatti i militari israeliani (IDF, Israel Defense Forces) hanno giustificato la natura di questa tecnologia, archiviandola sotto il vasto ramo delle “operazioni di sicurezza di routine” facenti parte della “lotta contro il terrorismo”. Azioni volte a “migliorare la qualità della vita dei palestinesi".

All’interno dell’articolo sopracitato del Wahsington Post c’è una lunga lista di testimonianze di quanto il progetto abbia pesantemente peggiorato le condizioni di vita, creando timori, sfavorendo la socializzazione e alimentando dubbi sulla sicurezza che hanno spinto parecchi residenti alla fuga.

Come sappiamo, non tutti i mali vengono per nuocere e soprattutto non tutti i mali sono effettivamente mali: nella maggior parte dei casi l’uso scorretto di una potente tecnologia pone la stessa sotto una cattiva luce.

La startup CorSight grazie al riconoscimento facciale rintraccia il paziente Covid in un’area pubblica e identifica tutte le persone che sono state vicine, quantificando tempo, distanza e pericolosità oltre a individuare le persone che violano la quarantena.

Anyvision oltre a supportare il monitoraggio Covid scansionando le registrazioni delle videocamere di sicurezza per individuare i contatti, mette a disposizione droni e cani robotici miliari che grazie al riconoscimento facciale può distinguere innocenti civili da criminali.

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